Hannes, la nuova mano protesica di derivazione robotica sviluppata dal Rehab Technologies Lab (il laboratorio congiunto nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l’Inail e l’Istituto italiano di tecnologia (IIT)). Il suo nome è un omaggio al professor Hannes Schmidl, direttore tecnico del Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, a cui si deve l’avvio dell’attività di ricerca protesica e la prima protesi mioelettrica del 1965.
Quali sono le caratteristiche principali di Hannes? Maggiore durata della batteria, migliore capacità e performance di presa, costo ridotto di circa il 30% rispetto ai dispositivi attualmente in commercio.
A tre anni dalla realizzazione del primo prototipo, il nuovo dispositivo, che permetterà di restituire alle persone con amputazione dell’arto superiore circa il 90% della funzionalità perduta, è stato presentato ieri mattina a Roma, nel corso di una conferenza stampa che si è svolta presso il Parlamentino Inail di via IV Novembre.
Il meccanismo alla base del movimento delle dita, della forza e del tipo di presa dipende dal sistema DAG – acronimo di Dynamic Adaptive Grasp – brevettato dal team IIT–Inail, che conferisce alla mano protesica la capacità di afferrare gli oggetti adattandosi alla loro forma e di resistere alle eventuali sollecitazioni esterne, perseguendo l’obiettivo di replicare la gestualità e la funzionalità dell’arto naturale, utilizzando un singolo motore. Le caratteristiche di costruzione del dispositivo consentono alla batteria di coprire fino a una giornata intera di utilizzo.
Le dita si piegano e possono assumere una postura naturale anche a riposo. Il pollice, in particolare, è orientabile in tre diverse posizioni e rende possibili i tipi di prese necessarie nella vita di tutti i giorni.
Il sistema di controllo di Hannes è di tipo mioelettrico, sfrutta cioè gli impulsi elettrici che provengono dalla contrazione dei muscoli della parte residua dell’arto, e implementa strategie basate su algoritmi di intelligenza artificiale. Questa tecnologia fa sì che i pazienti possano comandare la mano semplicemente pensando ai movimenti naturali e senza la necessità di alcun trattamento chirurgico invasivo. I due sensori che ricevono e interpretano il segnale elettrico proveniente dal cervello, attivando il movimento desiderato del polso o della mano, sono infatti posizionati all’interno dell’invaso della protesi, la parte a contatto con l’arto residuo, risultando così invisibili all’esterno e impercettibili dal paziente.
La tecnologia può dare grandi opportunità!
Comments