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Il settore marittimo-portuale



Il settore marittimo-portuale è stato oggetto di recenti approfondimenti in cui vengono analizzati indicatori di contesto relativi soprattutto all’attività delle piccole e micro-imprese e alla loro capacità di garantire allo stesso tempo livelli competitivi di produttività con la qualità del prodotto, il rispetto dell’ambiente e la salute e sicurezza degli operatori.

Lo scopo dell’attività di ricerca dedicata al settore marittimo portuale è quello di sviluppare, in una logica di rete, conoscenze derivanti dal monitoraggio degli eventi, strumenti di supporto alla valutazione e gestione dei rischi in azienda, buone prassi e soluzioni tecnologiche innovative, in cui la salute e la sicurezza siano integrate nella gestione dei processi, attraverso un modello di intervento istituzionale che coniughi sul territorio l’azione di assistenza con quella di vigilanza.

La Convenzione sul lavoro marittimo del 2006, ratificata dall’Italia nel 2013 – aggiorna ed integra, in un’ottica di miglioramento organizzativo e gestionale dell’impresa marittima, tutte le precedenti convenzioni di settore.

Una buona parte delle indicazioni internazionali trovano già attuazione nel nostro sistema normativo. Tuttavia, il coordinamento tra queste norme e il d.lgs. 81/2008 renderebbe ancora più efficace l’azione preventiva. I rischi lavorativi cui sono soggetti i marittimi dipendono dalle attività svolte dal personale di bordo inquadrato in specifiche qualifiche, dalla tipologia di nave e di navigazione, dai cicli lavorativi e dalla merce trasportata.

Tuttavia, è evidente che, al di là dai rischi specifici connessi alle numerose mansioni lavorative, vi sono anche alcuni rischi ‘trasversali’ cui sono esposti sia i lavoratori che i passeggeri, quali ad esempio: collisione, naufragio e incendio. Tale fattispecie di rischi attiene alla disciplina della sicurezza della navigazione, campo coperto da un corpus normativo molto articolato e pregnante, costituitosi a partire dagli inizi del ‘900, rappresentato dal codice della navigazione e regolamentazione internazionale Solas dell’International maritime organization (Imo), caratterizzato nel passato da una notevole autonomia di diritto.

Tuttavia, la presenza di questi rischi nelle navi è l’elemento costitutivo stesso dei compiti del comandante, dei profili professionali marittimi, dell’organizzazione del lavoro a bordo, della costituzione degli equipaggi, della definizione di percorsi abilitanti di formazione e addestramento, oltre che dell’organizzazione di un sistema articolato di gestione delle emergenze e di un complesso sistema di controlli pubblici.

Si ricorda poi che un fattore di rischio di tipo organizzativo-psicologico, presente praticamente in tutti i ruoli di bordo e, quindi, valutabile come fattore di rischio trasversale, è quello definito dalla stessa normativa specifica d.lgs. 271/1999 come ‘fattore di fatica’. Questo è legato alla particolare organizzazione del lavoro cioè ai turni, alle guardie, al lavoro notturno, alle scarse possibilità di vero recupero psicofisico e di riposo, alle incombenze eccezionali di bordo, alla rigida organizzazione gerarchica, al sovraccarico di responsabilità in termini di sicurezza della nave e, infine, alla natura intrinseca del lavoro marittimo (lunghi periodi di lontananza da casa, vita collettiva coatta, turnover dei compagni di lavoro, fattori ambientali esterni critici)”.

E si aggiungono inoltre, come fattori peggiorativi nel comparto delle crociere, “le difficoltà di socializzazione, comunicazione e di rapporti interpersonali, dovute alla presenza di svariate comunità di nazionalità diversa”.

Il danno al lavoratore si manifesta principalmente in tre aspetti: interferenze con l’assetto biologico (ciclo sonno-veglia); efficienza lavorativa; stato di salute (sistema gastrointestinale, cardiovascolare)”.

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